Leonardo Caffo, scrittore e filosofo, è al centro di un acceso dibattito dopo la sua recente condanna a quattro anni di carcere per maltrattamenti in famiglia e lesioni gravi. Mentre in passato godeva di considerazione nel mondo intellettuale, ora si sente emarginato e definito un “mostro”. Le sue affermazioni suscitano reazioni contrastanti, soprattutto in relazione a questioni di femminismo e alle dinamiche di potere tra i generi. Caffo ha parlato con Libero, esprimendo le sue opinioni sull’argomento e sul silenzio di alcune correnti politiche.
Il peso della condanna: l’auto-definizione di un “mostro”
La vicenda di Caffo si dipinge di tratti drammatici, con il filosofo che si è sentito abbandonato da un ambiente che lo aveva acclamato come un eroe. «Mi hanno mollato», afferma, mentre riflette sulla sua vita dopo il verdetto. Questo periodo di grande tensione psicologica lo ha portato a rivedere la sua immagine pubblica, ora segnata da fragilità e isolamento. Caffo sottolinea che è stato oggetto di intensi attacchi sui social, dove si sente trattato in maniera ingiusta e dove non può difendersi dagli insulti.
L’ex compagna Carola Provenzano ha testimoniato contro di lui in aula, evidenziando episodi di maltrattamento. Tuttavia, Caffo si difende affermando di non aver mai picchiato nessuno, nonostante il referto medico che attesterebbe una frattura al dito della donna. La sua affermazione si basa sulla convinzione che la “mostruosità” viene spesso associata a un marchio indelebile che la società si porta dietro, complicando ulteriormente la sua situazione già fragile.
L’errore di dedicare una fiera a Giulia Cecchettin
Nel colloquio, Caffo affronta la polemica legata all’evento culturale “Più Libri Più Liberi” e la scelta di Chiara Valerio di dedicare la fiera a Giulia Cecchettin, vittima di un tragico omicidio. Secondo Caffo, questa decisione ha svuotato di significato l’evento, che dovrebbe onorare gli scrittori e i pensatori, non trasformarsi in simbolo di eventi drammatici. Per lui, questa scelta riflette un “degrado” della cultura contemporanea, un appiattimento su tematiche di violenza e dolore piuttosto che sull’importanza della letteratura e della filosofia. Caffo ribadisce di essere contro ogni forma di violenza, sia essa legata al genere o meno.
Il silenzio della sinistra e il suo posizionamento politico
Caffo manifesta anche un certo risentimento verso la sinistra, con la quale afferma di non identificarsi totalmente. La sua posizione politica è complessa: ha idee che attingono tanto dalla sinistra quanto dalla destra, il che rende ancora più curiose le sue osservazioni sul clima attuale del dibattito culturale. Riferendosi al “silenzio” della sinistra, afferma di aver ricevuto attacchi privi di sostanza e di essere stato giudicato in un contesto di isteria collettiva. La sua esperienza, legata anche alla battaglia per l’affido della figlia, rappresenta un lato della storia che raramente viene sviscerato nei media.
La fiducia nei giornali di destra e la critica alla cancel culture
Caffo ha espresso una preferenza per i giornali di destra, definendoli come “l’ultima architrave del libero pensiero”, un’affermazione che suscita reazioni contrastanti. Egli si sente attaccato non per le sue idee, ma piuttosto per la sua situazione personale che ha creato un terreno fertile per la diffusa cancellazione culturale. Secondo Caffo, l’influenza dei social media ha stravolto il modo in cui la verità e le opinioni vengono percepite, con alcuni intellettuali che cedono sotto la pressione della notorietà online.
Riflessioni su un femminismo distorto
Affrontando il tema del femminismo, Caffo critica un certo tipo di interpretazione che vede questo movimento come un’arma nelle lotte sociali, piuttosto che come un’opportunità di crescita e discussione. Pur affermando di rispettare il femminismo, sostiene che questo non dovrebbe diventare un pretesto di conflitto o di divisione tra i generi. La sua esperienza personale sul tema dell’affido, da padre, lo ha portato a ritenere che le questioni legate alla paternità e alla figura maschile nella società siano marginalizzate.
La testimonianza della vittima
Le ripercussioni del suo comportamento sono evidenti nel racconto di Carola Provenzano, la quale ha descritto una relazione segnata da violenza e paura. Le sue dichiarazioni in aula hanno dipinto un quadro inquietante della vita condivisa con Caffo, culminato in aggressioni fisiche e psichiche. Questo testimonia un lato della questione che Caffo non ha mai completamente affrontato, il divario tra le sue affermazioni pubbliche e il vissuto privato della sua ex compagna.
Il conflitto tra vita privata e immagine pubblica
Il caso di Caffo, quindi, è emblematico di una società in cui l’immagine pubblica e privata si scontrano in maniera drammatica. Mentre la sua figura intellettuale è stata ridimensionata da eventi giudiziari e sociali, la sua presenza nel dibattito culturale continua a sollevare interrogativi sull’identità, la responsabilità e le dinamiche di potere. La sua storia e il suo percorso restano incastonati in una narrativa complessa, in cui si intrecciano giustizia, cultura e rapporti interpersonali.