La situazione dei taxi in Italia è sempre più critica, con una domanda che supera di gran lunga l’offerta. In città come Milano, Roma e Napoli, la disponibilità di taxi nei momenti di picco è sempre più scarsa. Questo articolo esamina dettagliatamente le cause di questa problematica, l’evoluzione delle licenze e le alternative ai tradizionali servizi taxi.
Un panorama preoccupante per la disponibilità dei taxi
In Italia, la carenza di taxi è un fenomeno ben noto. Con picchi di indisponibilità che fanno segnare percentuali elevate, le grandi città si trovano a fronteggiare un problema di accessibilità ai servizi di trasporto. A Milano, le persone hanno il 38% di possibilità di non trovare un taxi disponibile; a Roma, questa proporzione cresce al 44%, mentre a Napoli la situazione è drammatica, con un triste 47%. Questo significa che praticamente una chiamata su due non riceve risposta.
La questione non si risolverebbe semplicemente aumentando il numero di licenze disponibili. La situazione è complessa e radicata in un insieme di fattori storici e normativi che ostacolano la nascita di nuovi taxi. La disponibilità di licenze non è cresciuta negli anni, creando un collo di bottiglia nel servizio. A Milano, non ci sono state nuove licenze dal 2003; per Roma, il blocco risale al 2005; mentre a Napoli si registra un fermo dal 1998. Livorno ha il record negativo, con un’assenza di nuove licenze dal 1977.
L’analisi dei dati: licenze e abitanti
Analizzando il numero di licenze disponibili rispetto alla popolazione, emerge un quadro significativo. A Roma, ci sono 7692 licenze, a Milano 4853 e a Napoli 2364. Tuttavia, il numero di licenze deve essere rapportato al numero degli abitanti per dare un’idea più precisa della situazione. Milano è in cima alla lista con circa 3,5 licenze ogni 1000 abitanti, seguita da Roma con 2,8 e Napoli con 2,5. Questi numeri, messi a confronto con città come Londra, dove ci sono 5,1 licenze per 1000 abitanti, evidenziano il gap esistente.
La situazione è ulteriormente complicata da fattori come la presenza di infrastrutture alternative. Ad esempio, Parigi vanta 16 linee di metropolitana, il che facilita di gran lunga gli spostamenti, riducendo così la domanda di taxi. Di conseguenza, le città italiane, con un principale ricorso ai taxi, si trovano di fronte a un’evidente mancanza di servizio.
La storia delle licenze dei taxi in Italia
Per comprendere le cause della mancanza di taxi, è necessario ripercorrere la storia delle licenze. Prima del 1992, la regolamentazione del servizio taxi era lasciata ai singoli comuni, con ogni città che gestiva la propria normativa. Questo ha creato uno scenario eterogeneo, ma con l’entrata in vigore della legge 21 del 1992 le cose sono cambiate. Questa normativa ha centralizzato la gestione delle licenze, mantenendo però la responsabilità di emissione ai comuni.
Il risultato è stato un aumento del valore delle licenze già esistenti, poiché il numero di nuovi tassisti è rimasto limitato. Con licenze stimate tra i 150 e i 200 mila euro ciascuna, gli autisti già operanti hanno un interesse diretto a mantenere il numero di concorrenti ridotto.
Il decreto Bersani del 2006 ha tentato di affrontare la questione, permettendo ai comuni di emettere nuove licenze anche a pagamento, ma il 20% dei ricavi andava ai comuni e l’80% ai tassisti. Tuttavia, i tassisti hanno percepito questi provvedimenti come insufficienti, culminando in scioperi su scala nazionale che hanno paralizzato molte città.
Recentemente, il decreto Asset del 2023 ha introdotto nuove possibilità, consentendo ai comuni di emettere un 20% in più di licenze, con l’intero ricavato destinato ai tassisti. Questo è stato pensato in vista di eventi di grande rilevanza, come il Giubileo del 2025 e le Olimpiadi Invernali del 2026. Nonostante ciò, l’emissione di nuove licenze sta procedendo a rilento, lasciando il panorama taxi in una situazione precaria.
Alternative ai taxi: NCC e servizi come Uber
Accanto ai taxi, esistono diverse alternative come i Noleggi con Conducente e servizi privati come Uber. Comprendere le differenze tra questi sistemi di trasporto è fondamentale per apprezzare meglio le criticità del settore. I taxi calcolano la tariffa tramite tassametro, il che significa che il costo finale varia in base al tempo, alla distanza e all’orario. Gli NCC, al contrario, prevedono di concordare l’importo prima della corsa, mentre in Uber il prezzo è determinato dall’app al momento della prenotazione, rendendo il servizio più trasparente.
In termini di sosta, i taxi possono fermarsi in aree designate, mentre gli NCC devono tornare in rimessa al termine di ogni servizio. Un aspetto significativo riguarda le licenze: mentre per i taxi il costo oscilla tra 150 e 200 mila euro, le licenze NCC costano meno a causa dei vincoli aggiuntivi. Anche Uber richiede agli autisti una licenza NCC, il che colloca questa piattaforma in una posizione ibrida.
Le modalità di prenotazione poi differiscono notevolmente. Gli NCC necessitano di prenotazioni anticipate, mentre i taxi possono essere presi in strada o tramite chiamata. Gli utenti di Uber possono prenotare indistintamente, a patto di utilizzare l’app. Questa differenza di operatività ha comportato un certo attrito tra taxi e servizi concorrenti, creando tensioni che complicano ulteriormente la questione della liberalizzazione del settore.
Queste dinamiche evidenziano le sfide significative che il sistema dei trasporti in Italia deve affrontare, in un contesto di regolamentazioni rigide, domande crescenti e incertezze economiche.